
Etiopia 2023
La culla dell'umanità
Il silenzio viene rotto dal canto degli uccelli, sono frenetici è l'ora del tramonto e portano il cibo ai piccoli nei nidi, siamo stanchi, il primo giorno è iniziato alle 5 dopo una notte passata tra voli e aeroporti che chiamano le destinazioni in arabo. Sul tragitto dalla capitale a lago di langano ci siamo fermati a visitare una chiesa del XII secolo scavata nella roccia e mai terminata ma ancora oggi usata.
Ceniamo con il sole che è già oltre l'orizzonte, gli animali si sono svegliati e i loro suoni ci accompagnano fino alla notte profonda.
Domani sarà un altro giorno di spostamenti e nuove scoperte
I chilometri tra per gli spostamenti sono sempre tanti, ci alterniamo tra strade bianche e asfaltate, ogni tanto facciamo delle soste e oggi ci fermiamo al mercato del pesce, la vendita purtroppo l'hanno già finita, i malibu collaborano con gli umani, restando in mezzo alla folla in cambio di un po pi pesce. Ripartiamo, saliamo di quota immersi dalle piante di caffè, arriviamo in un piccolo villaggio. La nostra presenza è accompagnata dalla gioia dei bambini, visitiamo dei resti storici e ripartiamo tra i saluti di chi ci ha fatto compagnia.
![]() | ![]() |
|---|---|
![]() | ![]() |
![]() | ![]() |
![]() |
![]() | ![]() | ![]() |
|---|

Il cielo dell'Africa regala sempre grandi emozioni.
l villaggio è sviluppato sui lati della strada sterrata, non passa mai nessuno e ci permette di passeggiare indisturbati al centro. I locali sono stupiti nel vederci fare due passi in mezzo a loro, allora comincio a salutarli chiedendogli i loro nomi, il tutto si trasforma in un piccolo comizio dove si intrufola un uomo con gli anni della sua vita scolpiti in volto.
Un ragazzo mi dice che è centenario, ma se anche così non lo fosse all'anagrafica, sicuramente li ha vissuti tutti.

Lei è una ragazza della tribù Arbore, i capelli rasati simboleggia che non è sposata.
Il matrimonio arriverà presto per lei, verso i 15 anni e si dedicherà alla vita di casa.
L'ingresso è basso, stretto e incredibilmente fresco, c'è un piccolo fuoco acceso per cucinare, sono tutti seduti per terra, non riesco a stare in piedi, il tetto è basso, giro lo sguardo e sono lì seduti marito e moglie per farsi fotografare, gli chiedo i loro nomi, lei scoppia a ridere, mi risponde il marito sorridendo, lei non mi può parlare perché è sposata.
Esco da casa loro salutandoli, fa caldo dobbiamo ripartire per andare a vedere un rituale millenario.
Lei è lì davanti all'unico uomo che non fa parte della famiglia, salta sul posto al ritmo di un tantra che tutte le donne cantano in coro e all'improvviso parte, la frusta fatta con un sottile rametto la colpisce, la pelle si taglia, un corno suono ad ogni colpo, lei non fa una piega e continua a danzare sul posto in attesa del colpo successivo.
Siamo al salto del toro, un rituali di passaggio alla vita adulta degli uomini della tribù Hammer. Inizia tutto alla mattino, la famiglia del ragazzo si riunisce e le donne ballano tutto il giorno, si fanno flagellare in senso di affetto verso il ragazzo che se non supera la prova verrà allontanato dalla tribù e i suoi fratelli minore non potranno più tentare il rituale. Noi arriviamo in un momento di riposo delle donne, sono sdraiate sotto gli alberi con le schiene insanguinate. Si ricomincia le donne si mettono in cerchio, comincia il canto e inizia il flagello, siamo lì in rispettoso silenzio, si sente nell'aria la solennità del momento. È il momento di preparare gli amici del ragazzo, i padri gli dipingono i volti, i ragazzi sono tesi e le ragazze restano a cantare.
Cominciano tutti a incamminarsi in un sentiero, lì seguiamo mescolati a loro, si apre una radura, le donne ballano girando in senso antiorario, ogni tanto si fermano sul posto e saltano a ritmo di canto. Gli uomini portano la mandria, le donne e gli amici del ragazzo danzano intorno agli animali, vengono scelti 4 tori e disposti uno affianco all'altro tenuti dalle corna e dalle code. Non balla più nessuno. È il momento della prova. Il ragazzo completamente nudo parte e salta i tori facendo leva sulle loro schiene, devo farlo almeno 4 volte senza fermarsi. il primo è andato, si gira e riparte, siamo tutti in apnea per lui, il terzo giro è andato. Ne manca uno, parte e riesce. Un toro è stufo scalcia e gli uomini lo lasciano andare gli amici lo abbracciano, ha superato la prova ora è un uomo e potrà avere una moglie




Il sole è basso, gli hammer stanno tornando al villaggio mentre noi passeggiamo tra le capanne. Gli uomini non sono ancora tornati, lo faranno tra poco, sono fuori con gli animali. Le donne che rientrano sono curve in avanti per i pesi che portano sulla schiena. I capelli a caschetto di color rosso li portano solo le donne sposate e in base al giro collo si capisce se è la prima , seconda o terza moglie. Ognuna di essa vive nella sua casa ma sempre vicino all uomo e la prima moglie gestisce le altre.
I raggi bassi rendono tutto più unico, sarebbe bello cenare con loro e i sorrisi delle ragazze quando gli chiedi i loro nomi ma non sarà così. ci liberiamo della morsa dei bambini salutiamo le donne che ci riaccompagnano alle jeep mentre abbassano i prezzi dei souvenir e chiedono magliette e sapone






















































I tuc tuc suonano sfrecciando sulla via principale, su dei tavolino vengono vendute verdure, frutta e cereali. Acquistiamo dei frutti della passione disposti a piramide per 10 bir. Un ragazzo si auto nomina nostra guida solo per avergli chiesto dove fosse il centro.
Dei bambini di 5-7 anni con una bottiglia in mano ci seguono, al suo interno c'è un dito di benzina di cui ne sniffano i fumi, insistono per avere cioccolata o caramelle ma restano delusi, in un attimo sento un colpo sullo zaino, con la mano cerco la bottiglia di acqua e non era più nella sua tasca, mi giro e un bambino sta correndo via con la mia bevanda, in una frazione di secondo un altro mi passa vicino di corsa e cerca di rubarmi i soldi dalle tasche fallendo, le mie urla risultano inaspettate, la fantomatica guida li allontana.
Questi bimbi abbandonano i villaggi e vanno a vivere per strada a jinka, facendo l'elemosina ai ristoranti, dormono per strada, rubano e sniffano la benzina o il mastice, questo succede solo nelle città più grandi, è molto desolante vedere tutto ciò con lo sfondo di una città che va avanti nell'indifferenza.

Si alza la polvere mentre la mandria accelerare il passo vedendo l'acqua del omo.
Una ragazza fa allontanare i coccodrilli tirandogli dei sassi. Gli animali si abbeverano, sempre in allerta, sanno che il pericolo è nascosto dal riflesso dell'acqua torbida.
![]() | ![]() |
|---|---|
![]() |
Si cammina lungo la strada di montagna sterrata, I ragazzini del villaggio si stanno esercitando con la frusta, tra pochi giorni sarà il capodanno per il calendario etiope e in questo periodo gli uomini la fanno scoccare tutte le sere.
La tribù degli Aari è più organizzata rispetto alle precedenti, principalmente sono agricoltori ma hanno chi è specializzato nel vasellame e chi a realizzare utensili in ferro.
Le ragazze più giovani ci seguono, vogliono fare le trecce ai capelli per qualche bir.
Ci offrono il loro liquore in scodella di legno, l'assaggiamo un po per curiosità e un po per rispetto, scalda mentre scende in gola, è simile alle nostre grappe.
Gli Aari sono molto ospitali, vivono immersi nelle montagne verdi per difendersi dai nemici e dalla malaria ma sono lontani dall'acqua la quale li impegna molte ore del giorno per recuperarla.
Il sole sta calando, camminiamo lungo la salita insieme ai bambini del villaggio per raggiungere le nostre jeep, abbiamo ancora delle tribù che ci aspettano nei prossimi giorni
![]() | ![]() | ![]() | ![]() |
|---|---|---|---|
![]() | ![]() | ![]() | ![]() |
L'acacia ci protegge dal sole, gli uomini sono sdraiati al fresco, i bambini si avvicinano alle auto, noi dobbiamo aspettare il consenso della guida per scendere dalle jeep.
Siamo in un villaggio Mursi all'interno di un parco dove le donne cacciano, coltivano e pensano alla vita quotidiana del villaggio, gli uomini hanno solo il compito di proteggere il villaggio e le donne.
Come entriamo al villaggio ci accolgono lo chef boys (capo villaggio) e il King boys, il quale non appartiene al villaggio, ma fa da giudice per discordie. Le ragazze rientrano dai campi per noi, c'è chi macina il sorco schiacciandolo tra due pietre, chi si offre per dipingerti il volto, altre stendono un telo e mettono in vendita i loro piattelli da labbro e c'è chi cucina la birra.
Il piattello nel labbro lo dove mettere la prima moglie, la quale prima di sposarsi deve superare una prova di sopravvivenza restando tre settimane da sola con un fucile e cacciare, con le pelli degli animali che ha ucciso si farà il vestito nuziale.
Sia uomini che donne si decorano il corpo tramite scarnificazioni, che lasciano disegni in rilievo sul corpo. Gli uomini sono schivi, non sembra che gli interessi molto di noi, le donne sono più socievoli. Altre tribù mursi vivono principalmente di caccia in zone non battute, restano isolati e sono molto combattivi, rubano il bestiame ad altre tribù e a volte anche le donne se le famiglie non sono d'accordo.
Il sole è alto, la temperatura si fa sentire, facciamo gli ultimi acquisti e ripartiamo, nel pomeriggio faremo un giro al mercato di janka, oggi scendono dalle montagne gli Aarsi per vendere il loro raccolto.




La vista dall'alto dell'omo è suggestiva, passa proprio sotto il villaggio dei karo, una tribù molto socievole, caratterizata dalle grosse collane delle donne e dai corpi degli uomini dipinti. Le donne ci accolgono e ci portano prima al centro del villaggio dove si ritrovano per socializzare o discutere se ci sono discordie, mostrandoci le loro abitudini e osanze. Cominciamo a visitare il villaggio, è piccolo e le case non sono distanti tra loro. Arriviamo al punto più suggestivo che si apre sulla piana dove scorre l'omo, mentre ci affiacciamo e apprezziamo la vista una famiglia di babbuini esce dalla boscaglia e va ad abbeversi.
Ci offrono il caffè e come da tradizione etiope accendono l'incenso, stendono dell'erba a terra e versano il caffè fino all'orlo. Lo beviamo per rispetto mentre nel recinto affianco un ragazzo sfiletta un pesce gatto pescato poco prima nell'omo.
I più giovani insistono nel voler venderci dei souvenir, c'è chi cede e chi dona qualcosa.
Siamo stanchi il caldo di fa sentire, salutiamo e ripartiamo per la prossima tappa.
Le onde fanno ballare la barca spinta da un piccolo motore e munita di una copertura in plastica. Siamo sul lago Chamo, oggi ci dedichiamo alla natura.
Le acque sono scure, fredde e ricche di pesce che i pescatori catturano tramite reti restando sulle loro canoe tipiche.
Il lago è casa anche per gli ippopotami, che purtroppo vediamo poco perché dall'acqua tirano fuori solo il naso e la bocca e quando si avvicinano troppo alla barca dobbiamo allontanarci. Su l'isola vicina alla gemella usata dai pescatori come punto di appoggio vicino i coccodrilli, dobbiamo fare molto silenzio quando ci avviciniamo, perché altrimenti si buterrebbero in acqua, li troviamo presi a scaldarsi al sole, così disinteressati al resto che alcuni uccelli ci passeggiano vicino.
Nel rientro troviamo lei, la regina del lago, L'Aquila a testa bianca o anche detta L'Aquila pescatrice, è lì sola a prendersi il sole vicino al nido con tutta la sua maestosità, quando ci avviciniamo ci controlla senza scappare, l'istinto genitoriale prevale, resta lì imperterrita a protezione dell'unico uovo presente nel nido.








La vista delle montagne interamente terrazzate ricorda vagamente quelle liguri, sui terrazzamenti di trovano coltivazioni di mais, sorco e verdure. Siamo nel villaggio dei Konso, patrimonio dell'unesco, sono una tribù suddivisa in corporazioni come quella agricola, tessile, chi crea utensili e chi lavora l'argilla. Se un uomo e donna si vogliono sposare, lo possono fare solo se sono della stessa corporazione. Ogni corporazione ha un capo il quale vive fuori città insieme agli altri capi e tutti restano isolati dalla vita quotidiana per non essere corrotti.
Il villaggio è suggestivo, perché anch'esso è costruito tramite terrazzamenti ed è costituito da più anelli di muratura a protezione della villaggio, ciò ci porta a camminare in veri corridoi di pietra. Arrivati in piazza troviamo un palo al quale viene creato un anello ogni 18 anni. Dall'altra parte della piazza c'è un masso a terra, i ragazzi che si vogliono sposare devono riuscire a sollevarlo sopra la testa senza appoggiarlo al corpo, nell'entusiasmo del momento mi lancio nella prova, ma il masso non va oltre il petto! Durante il giro del villaggio le donne restano all'interno dei loro cortili, ci salutano al nostro passaggio, mentre i bambini ci seguono tutto il tempo. Una curiosità di questo popolo è l'arte funeraria, quando un capo muore viene imbalsamato seduto, non viene ritenuto morto per 9 mesi, 9 giorni, 9 ore, 9 minuti e 9 secondi, in questo periodo viene visitato dai familiari e da chi necessita un consulto, scaduto il tempo viene ritenuto morto, viene seppellito e nominato un nuovo capo.
Giro l'angolo di un vicolo realizzato da parete in bambù intrecciate come una maglia e lei è lì, con un vestito bianco tipico della tribu dei Dorse, i capelli raccolti e una fascia sulla fronte, è seduta davanti a un pezzo di legno intenta a estrarre la polpa da un pezzo del tronco di un finto banano, incrocia il mio sguardo e per un attimo tutto si ferma.
Si chiama Marta e ha 20 anni, è ortodossa come tutta la sua tribù. Ci sta facendo vedere come sfruttano il finto banano, una pianta che cresce facilmente in montagna, siamo a 2750 metri. Le foglie le usano come copertura per gli animali e le case, dal tronco estraggono una polpa che lasciano fermentare da uno a due anni e usano come pane, le radici vengono in parte usate come patate e in parte per rimpiantarle.
Questa tribù è famosa anche per le loro case, sono a forma di elefante, sono trasportabili e sono costruite in modo che l'azione delle termiti non faccia cedere le strutture ma semplicemente la casa si abbassi. Il loro interno è alto, si cucina in un'altra costruzione ad esclusione del tè che viene preparato al centro della casa.
Finiamo il giro del villaggio in una piccola piazza, dove ci raggiunge anche un anziano parroco che fatica anche a parlare dall'usura degli anni, arriva anche Marta di corsa insieme ad altre donne del villaggio, per mostrarci alcuni balli tipici. Le donne più anziane ballano e cantano tenendo il ritmo, le più giovani li accompagnano con il coro, è tutto molto coinvolgente, forse anche per la grappa nostrana che ci hanno fatto assaggiare poco prima.
Facciamo la foto insieme alle donne come ricordo, Marta mi fa segno di mettermi vicino a lei, mentre le altre ragazze sorridendo mi fanno spazio, il mio sguardo incrocia il suo, le mani si stringono, le foto vengono scattate, è il momento di andare ma vorrei che il tempo si fermasse, purtroppo l'attimo dopo mi trovo in jeep con lei che mi guarda, mi stringe la mano e mi promette che nell'altra vita saremo insieme
L'Africa è sinonimo di contraddizioni, c'è chi la vede solo come un posto arido, chi come un grande safari, chi come un popolo arretrato. L'Africa invece sa stupire, lasciarti stupefatto, solo lei può offrirti montagne verdi, coltivate vicino a torrenti a poca distanza dall'arida terra dove scorre l'omo river. Qui ci vivono gli Ezo, una tribù di coltivatori, allevatori e tessili.
Sono lontani dall'arida terra, dai nemici affamati, dalla malaria. Passeggiare sui loro sentieri, salutando ragazze che trasportano legna mentre guainano un fiume a piedi scalzi, trovarsi un campo da calcio con porte di legno senza reti, in un prato verde ricoperto di fiori davanti ad una chiesa, è tutto inaspettato, surreale. Questa è l'Africa
![]() | ![]() |
|---|---|
![]() | ![]() |
![]() | ![]() |
![]() |
Siamo sulla strada verso la capitale, facciamo una sosta presso Tiya, sito archeologico stimato intorno al XII secolo, si tratta di un luogo di sepoltura patrimonio UNESCO e non ancora ultimato negli scavi.
Ripartiamo, siamo stanchi c'è chi non vede l'ora di prendere l'aereo stanotte e chi vorrebbe continuare a scoprire un paese molto vario, sempre pronto a sorridere, a ballare, con equilibri che per noi europei sembrano assurdi ma che vanno rispettati e accettati perché fanno parte della storia del Paese che ci ha ospitato.
Lungo il percorso si ricordano i momenti più belli, ci si prende in giro per le varie papere e si sogna ad occhi aperti per il prossimo viaggio.



























































































